Fahre\’n\’Heit

L’economia dell’esperienza

Posted in leForme. Racconti [Italian] by Curatorview on novembre 26, 2007

Entrò in classe deciso, sembrava avere qualcosa per la testa. Si aggiustò gli occhiali sul faccione tozzo, prese posto in cattedra, calando la propria mole nella sedia come meglio poteva, e attaccò con un mezzo sorriso.

– Prima di iniziare, ragazzi, c’è una cosa; ne ho parlato col preside, che è d’accordo; visto che parliamo sempre di agricoltura, ma siamo inchiodati qui, volevo proporvi un’occasione per conoscere il territorio. Se siete interessati, ovviamente.

Noi dritti con le orecchie tese. Cosa avrà mai da proporre il buon Ermanno Placido, professore di estimo e agraria a Geometri, da richiedere l’approvazione del preside?

– Ecco, visto che è stagione, ho pensato di fare un’esperienza di vendemmia, per un giorno. Conosco un’azienda agricola appena sotto Rovereto, hanno dei campi dove stanno vendemmiando ora. Potremmo partire la mattina e tornare il pomeriggio. Un’esperienza pratica, non solo a guardare. Anzi, vi inviterei a vendemmiare proprio, specialmente se non l’avete mai fatto.

Suonava bene. Se abiti in Trentino, che cos’è una vendemmia lo sai per forza. Comunque, ci sono tanti di noi che abitano in città, discutevamo durante l’intervallo, valutando la proposta; e anzi, i più di noi magari non l’hanno mai fatta. Ma sì, andiamo, saltiamo un giorno, che non è poi male. Specialmente se è bel tempo.
Il professor Placido vide accogliere entusiasticamente la proposta di ‘esperienza formativa’, come la chiamò. La lezione successiva comunicò i dettagli della faccenda, sempre deciso e mezzo sorridente. Sapeva cosa faceva, quando ci si metteva.

Prendemmo il treno un martedì mattina, dalla stazione di Trento, con un biglietto collettivo. L’interregionale Trento-Verona, che allora si chiamava locale e fermava in tutte le stazioni, compresa quella di Ala, dove aveva sede l’azienda agricola. Fuori della stazione si prese a sinistra, e si camminò per un bel pezzo lungo la ferrovia, fino a quando la strada non svoltava e passava sotto. Da lì in poi, il professor Placido ci guidò per i meandri di stradine di campagna, come un cane pastore con il gregge, tra vigne, meli, strade sterrate o d’erba con solo le strisciate delle ruote dei trattori. Era tutto verde intenso, in una gamma di gradazioni diverse, dal pastello al petrolio passando per il verderame. Infilammo infine una stradina dietro un capanno degli attrezzi, e si arrivò al vigneto, dopo buoni venti minuti. Ad aspettarci c’era Lorenzo, un ragazzo della nostra età; guidava il trattore con dietro il rimorchio, dov’era sistemata la vasca per l’uva. Era solo. Divisi in tre gruppi, con imbuti, forbici, contenitori di plastica rossi e azzurri, attaccammo di buona lena. C’eravamo portati panini e bibite, una raccomandazione del professore.
Eravamo in ventisei. Finimmo di vendemmiare i sei filari di Marzemino a pergola semplice, lunghi un centinaio di metri ciascuno, intorno alle cinque di pomeriggio. Una maratona. Il treno di ritorno era alle 18:52, e allora si decise di prenderla un po’ comoda. Bighellonando, tirandoci gli ultimi grappoli rachitici rimasti appesi, fumando, tirando a indovinare sulla proprietà del campo.

Luigi, il proprietario, arrivò mentre stavamo per andar via. Il cognome non lo disse. Ma bastava guardarlo. Era corpulento, i modi spicci, il faccione tozzo con gli occhiali stile mutua. Proprio uguali a quelli del professore.